venerdì 23 dicembre 2011

Consiglio del 22 dicembre

Ieri sera, consiglio comunale: si parlava anche di fusione.
Abbiamo (noi, la minoranza) votato no al progetto: per due ragioni.

1) abbiamo visto come è stato fatto questo progetto!
Due giorni fa ancora non esisteva: siamo andati per leggerlo, e valutarlo, finalmente, e invece abbiamo scoperto che il segretario lo stava ancora scrivendo. Tra un aggiornamento e l'altro, il definitivo ci è arrivato alle 18 di mercoledì (24 ore prima del consiglio).
Come ho avuto modo di dire durante il dibattito, l'unica cifra sicura che si trova al suo interno è l'altezza di Ponte di Legno sul livello del mare. Non che i dati manchino: ma non spiegano niente: che senso ha elencare il numero delle aziende, divise per tipologia, presenti a Ponte e a Temù, senza dire in che modo la si prevede che la situazione evolva dopo la fusione? Che senso ha sommare le partecipazioni azionarie dei comuni alle società controllate (o partecipate), senza parlare degli scenari che si aprono? Certo, sembrano richieste pretenziose: il fatto è che chiediamo qualcosa su cui decidere, nessuno ha mai detto che unire i due comuni sia semplice. Quello che vorremmo, in definitiva, è una ragione per farlo. La stessa che ieri nessuno dei consiglieri di maggioranza ha saputo dire.
A dominare è la confusione: si parla di "maggiore efficenza" e di "risparmi", quando il sindaco stesso ha detto (il 4 dicembre, al Comitato per la trasparenza) che i risparmi non saranno poi molti e che non verranno certo licenziati dipendenti.
Si parla (nel progetto) della possibilità di accorpare le scuole, quando Corrado Tomasi dice invece che non è vero.
E così via... ma c'è una seconda ragione.

2) Tanti saluti al volere della gente
Lo sapevate? La delibera approvata ieri contiene la clausola che subordina la sua validità all'esito positivo del referendum.
Peccato non significhi nulla!
Ieri infatti, il sindaco ha letto pubblicamente una mail inviata dalla Regione al segretario, dove un funzionario afferma che "una volta avviato l'iter legislativo, il principio che vale è quello del rispetto del ruolo attribuito dalla Costituzione alla potestà legislativa regionale": dunque possiamo scrivere quel che vogliamo, sulla delibera, perché comunque non possiamo ledere "la potesta legislativa regionale". Cioè, come prevede la legge, il consiglio regionale può decidere di fondere i comuni in barba alla volontà popolare!
E proprio prima di leggere queste parole, il sindaco si è speso nel lodare quanto le maggioranze fossero state brave e attente al rispetto della volontà della gente.
Già ce lo vediamo, incatenato di fronte al Pirellone, a protestare in caso di mancato rispetto del risultato del referendum.
Noi avevamo chiesto che la Regione si esprimesse per via scritta (e ufficialmente) su questo punto, ma la nostra proposta è stata bocciata. Perché bisogna correre, "per non perdere la coincidenza con le prossime elezioni comunali di Ponte".
Ancora una ragione che non è una ragione.

Ci sarebbe altro di cui parlare: per esempio, 1.800.000 euro sul capitolo di Piazzale Europa che ora diventa di 7.300.000 euro. Senza contare gli 8.000.000 già spesi!
Ma anche qui, la maggioranza nega. Negare la realtà è così dannatamente semplice (scusate, è polemico, è demagogico... ma è vero).
Alla prossima, comunque.

Ivan

domenica 11 dicembre 2011

La politica a cena

Una considerazione, che ho avuto modo di fare anche altrove, riguarda il metodo con cui si stringono gli accordi e il valore della forma in politica.
Il nostro attuale sindaco è conosciuto come un uomo pratico. Ha dichiarato spesso di provare un po' di fastidio rispetto ad alcuni "vincoli" imposti da leggi che lui ritiene farragginose o poco adatte ed ha dimostrato, con la sua azione politica, di sapere a volte piegare, a volte adattare le norme per ottenere ciò che per lui è importante.
Nonostante sia un avversario politico, gli riconosco di sicuro la determinazione nel perseguire gli scopi e anche una sincera convinzione di agire nell'interesse del suo paese (Per questo, anche quando ci parla di fusione, io non vedo tanto, dietro a questo progetto, chissà quale operazione volta a "consolidare posizioni di potere" (1) ).
Quest'idea è la stessa che domina il percorso che lui ha tracciato (mi chiedo quanto sia condiviso dalla sua maggioranza silenziosa) per arrivare al referendum sulla fusione.
La legge prevede che:
1) I consigli comunali diano il via al progetto di fusione;
2) Una commissione nominata dal Consiglio regionale esamini il progetto e, se lo approva, indica il referendum;
3) Si svolga il referendum tra le popolazioni;
4) Il Consiglio regionale emani una legge regionale che istituisce il nuovo comune (oppure bocci la proposta).

Il problema, in tre punti, è questo:
* E' il Consiglio regionale, per legge, a decidere se fare o non fare la fusione.
* E' esplicitamente prevista la possibilità che il risultato del referendum tra le popolazioni non sia tenuto in considerazione dalla Regione
* Nonostante questo, il Sindaco cerca di fare in modo che il referendum diventi vincolante.

Fino a qui, ci posso anche stare.
Il problema è il come. Nei suoi ultimi discorsi (prima che arrivasse il "Corriere di Ponte" nelle case dei Dalignesi, di questo non si parlava...) ha prospettato due modi:
1) Fare approvare ai consigli comunali delle "delibere vincolanti", cioè che specifichino nel testo che la fusione non si può fare se non dopo una eventuale vittoria nel referendum.
2) Un accordo personale con i leader della maggioranza e dell'opposizione in Consiglio regionale, che dovrebbero "promettere" che non faranno passare il progetto in caso di risultato negativo del referendum.
Sul primo punto... ne possiamo discutere. Ho qualche dubbio sulla possibilità di vincolare il Consiglio regionale con una delibera. Ma, quando ci verrà proposto il testo (spero con un po' di anticipo...), noi tutti consiglieri (la minoranza di sicuro!) lo esamineremo, magari facendolo vedere a qualcuno di un po' più competente di me, e decideremo come comportarci riguardo al voto.
Quello su cui davvero mi sento lontano è il secondo modo: l'accordo "personale".
Prima di tutto, speriamo che gli attuali capigruppo non facciano la fine dei due vicepresidenti del consiglio regionale (vi dicono nulla i nomi di Filippo Penati e Franco Nicoli Cristiani??).
Ma soprattutto: la legge è legge, e se nello specifico prevede la possibilità per il Consiglio regionale di fare una cosa, non c'è accordo personale che tenga.
Il nostro sindaco non ha problemi a "farsi fare un favore" visto che può godere di "contatti" in Regione: io sono abbastanza schifato.
Prima ci lamentiamo che "in Italia è tutto un magna magna" o altre frasi (qualunquiste) del genere. Però poi appena fa comodo, si tira fuori "l'accordo personale".
La causa potrà essere anche la più giusta, ma se la politica vuole riguadagnare credibilità, faremmo meglio a dare il buon esempio per primi.
Dopotutto, gli strumenti ci sono: bisogna solo accettare le regole comuni stabilite. Invece, di nuovo, in nome della "efficienza" dell'azione amministrativa, quelle regole vengono aggirate, o bypassate, da accordi personali.
Roba da Antico Regime (Come il comune di Dalegno :P).




(1) Piuttosto, vedo una grande voglia di mettere il proprio nome (non c'è alcun male in questo: l'ambizione è una caratteristica fondamentale per ogni politico) in quella che è vista come una decisione che determinerà il futuro del paese per i prossimi cinquant'anni (sono scettico su questi tempi: a mio parere presto ci verrà imposta ben altra fusione - ma sarà oggetto di un altro intervento).
Il problema, come spiegavo qui è che l'interesse di Ponte di Legno si identifica immediatamente con la visione del comune come una grande azienda che deve creare posti di lavoro o mantenerli.

giovedì 8 dicembre 2011

Fusione fredda

Riprendo a pubblicare dopo tanto tempo, mosso dal tema caldo di queste ultime settimane a Ponte di Legno: il progetto di fusione con Temù.
Personalmente, l'ho già dichiarato anche in consiglio comunale, tendo ad essere favorevole. Ma con motivazioni che non mi sembrano davvero rilevanti: mi sento irrazionalmente attratto dalla prospettiva di ricostituire il comune di Dalegno, ritornando alla situazione precedente al 1624.
Questo a livello personale, ma non credo che si possa compiere una scelta come quella di cui stiamo parlando avendo come unica ragione questa.
Come ha dichiarato anche Mario Bezzi, parlando di fronte ai membri del Comitato per la Trasparenza (se non lo conoscete, cercatelo su Facebook, ma penso che ne parlerò anche qui, in futuro), il risparmio economico non sarebbe molto: Ponte e Temù gestiscono già la maggior parte dei servizi in condivisione, se non addirittura attraverso l'Unione dei comuni dell'Alta Valle Camonica.
E' curioso notare come, in precedenza, sia il Sindaco sia i promotori del progetto (per esempio su Adamello Magazine quest'estate), parlassero di una maggiore "efficenza".
La madre di tutte le ragioni sembra essere questa: che due sindaci, e due consigli comunali, rischiano di compromettere l'efficenza delle società controllate e partecipate dal comune (SIT e SOSVAV in primo luogo).
Stiamo dunque parlando delle piste, dei posti di lavoro che hanno garantito, dei ritorni economici sul territorio, così come della devastazione del territorio (un male necessario? Temo di sì. Ma fino a che punto?).
E' un problema che coinvolge il rapporto politica-economia: i fautori della fusione, in sostanza, sostengono che la politica non dovrebbe mettere i bastoni tra le ruote all'economia.
Secondo me, non hanno ancora chiarito però due questioni: la prima è se esista davvero il rischio che le amministrazioni di Ponte di Legno e Temù possano fare scelte divergenti e, in qualche modo, "mandare all'aria i risultati" che sono stati "capitalizzati" in questi anni.
La seconda è se sia vero che un maggiore autoritarismo sia un fine desiderabile (perché alla fine, stiamo parlando di questo).
Personalmente, io ci sto riflettendo, e non sono ancora giunto a una decisione.
Di sicuro è un'idea che rispecchia gli orientamenti della politica locale di questi ultimi anni.