domenica 29 gennaio 2012

Caparbietà

Una persona caparbia è qualcuno che non vuole cambiare idea. Uno deciso, che crede in quello che fa e lo porta fino in fondo, costi quel che costi. Mi vengono in mente dei sinonimi: ostinato, cocciuto.
La caparbietà può essere una virtù: credere in un'idea e lottare per realizzarla.
Ma non sempre è così: un'etimologia, un po' fantasiosa, riporta la voce a "capra+barbio". "Sei una capra": non è proprio un complimento. L'animale caparbio per definizione è il mulo (tacciato, probabilmente a torto, di essere stupido), che va avanti senza vedere dove va, col paraocchi.
Virtù o vizio, è una caratteristica di alcuni amministratori locali: in quello che fanno sono caparbi. Da un lato, evviva, credono alle loro idee. Dall'altro, non sono capaci di fermarsi nemmeno quando la realtà è poco accomodante verso di loro.
Pensare a chi voleva costruire un parcheggio interrato su una palude è troppo semplice. Prendiamo la fusione: costi quel che costi, la si deve fare, nei modi e nei tempi che vengono decisi dalle dirigenze.
Ma non voglio parlare di questo, in realtà. La caparbietà la vedo anche in altre scelte di lungo periodo: per esempio, lo sviluppo turistico in Alta valle.

NOTA: Ci sono segnali che, almeno sulla carta, mi sembrano andare nella giusta direzione (mi riferisco per esempio alle dichiarazioni di intenti sui nuovi strumenti urbanistici, che promettono sostegno alle prime case e agli alberghi e lotta alla speculazione edilizia).

E' stato annunciato già in un consiglio comunale di inizio 2011: questa amministrazione vorrebbe andarsene portando a casa "un altro successo", la realizzazione di una nuova pista a Cima le Sorti.
Ci ho pensato parecchio, ma alla fine, sono contrario. Anzi, mi sembra un'assurdità.

NOTA: "La solita minoranza che dice solo di no"?
Non credo: vi invito a interessarvi dell'Albergo diffuso, un progetto che proprio in questi giorni sembra avere trovato una strada per realizzarsi (grazie all'impegno di Comunità Montana, Fondazione Cariplo e soprattutto tante persone volenterose che hanno dimostrato di credere in un'idea). Questa secondo me è una strada concreta per uno sviluppo diverso, e per questo (umilmente: ci sono altri cui non son degno nemmeno di allaciar le scarpe!) mi sto impegnando perchè vada a buon fine.

Vi sintetizzo le mie ragioni: il nostro comprensorio comprende ormai 100km di piste. Ma nei prossimi anni (se volete uno studio serio, prendete per esempio www.cipra.org/it/cc.alps/risultati/compacts) le previsioni dicono che ci sarà sempre meno neve: temperature più alte, meno precipitazioni.
Questo significa che saremo costretti a ricorrere sempre più all'innevamento artificiale sul patrimonio esistente.
La neve artificiale costa, però. Fino ad ora, queste spese sono state assorbite con finanziamenti pubblici.
Abbiamo di fronte un ulteriore ampliamento delle piste, tra l'altro in una zona completamente esposta al sole, dove la neve se ne va molto presto. Per cui, ulteriore spreco di acqua e di soldi pubblici (sempre che i finanziamenti durino).
Se parliamo però di benefici, mi chiedo dove siano.
Serve davvero un'altra pista? A me sembra che il patrimonio che abbiamo oggi sia consistente, eppure non so quali siano i reali benefici che sta portando al paese. Se devo fidarmi di quello che dicono i commercianti, i ristoratori e gli albergatori di Ponte, i turisti attirati dalle piste spendono poco. Dunque, di fronte a grandi investimenti, abbiamo uno scarso riscontro economico.
Davvero è necessario spendere centinaia di milioni di euro (nel migliore dei casi! Vi rinvio al bilancio di quest'anno per farvi vedere quanto costa il completamento del Grande Sogno) per dare da lavorare ai ragazzi della SIT?
(Molti dei quali sono miei amici: non voglio dire che non debbano lavorare, anzi, ma penso che potranno farlo anche senza la nuova pista)
Il progetto però dovrebbe servire anche a cambiare i rapporti societari tra SIT (gestita dai comuni di Ponte di Legno e Temù) e Carosello (la società trentina degli impianti), magari con la creazione di una nuova società. Intenti lodevolissimi, non sono contrario alle unioni (solo a quelle calate dall'alto e condite di bugie :P), ma credo che si possa fare anche senza stuprare nuovamente il territorio.
Spero che questo linguaggio da hippie sinistrorso (assurdità, stupro) non vi scandalizzi, ma non so proprio quali altre parole usare.
Non sono contrario alla presenza dell'uomo sul territorio, anzi: siamo una parte dell'ambiente naturale, che ci piaccia o meno. Il problema è che, a mio avviso, dobbiamo ricominciare a gestirlo, con un po' di criterio. Le generazioni passate lo hanno fatto: la campagna, altro non era che la traccia del rapporto tra uomo e ambiente. Ma noi stiamo lasciando che tutto il complesso delle strutture che mediavano la nostra presenza su queste montagne (terrazzamenti, strade, baite, prati e campi) vadano alla malora, e incentiviamo invece interventi molto invasivi che si fondano sulla speranza (infondata, se crediamo nei nostri scienziati) che la neve continui a cadere (insieme ai finanziamenti pubblici).
Altro che i muli.