sabato 13 aprile 2013

Costruire, abitare, pensare

Dopo un animato consiglio comunale (che ora viene trasmesso integralmente da Teleboario), ieri ho incontrato Mario Bezzi (il sindaco).
Abbiamo parlato anche di un articolo che ho appena scritto per Graffiti (aspetto che il giornale sia distribuito, prima di pubblicarlo come al solito anche qui) e mi sono reso conto che il mio sindaco mi attribuisce alcune posizioni che non sono assolutamente mie: che io sono uno che vuole in sostanza fermare il progresso, che mi opporrei strenuamente alla costruzione di nuove piste da sci, che sono contrario allo sci in notturna ed avrei posizioni ultra-ambientaliste.
Come se volessi ridurre Ponte di Legno ad "una terra di pastori" (come i Trenta Tiranni volevano fare ad  Atene).

Personalmente non sono molto "caldo" all'idea di fare nuove piste da sci, ma non le ritengo nemmeno un male di per sé.
Da qualche tempo sono arrivato a questa posizione: penso che il danno ambientale creato dall'abbattimento degli alberi della pista sia tutto sommato contenuto. Certo, il fatto di essere costretti a produrre neve artificiale costituisce uno spreco a livello di energia, ma non bloccheremo l'effetto serra smettendo di "sparare" neve a Ponte di Legno.
Penso che sia un prezzo accettabile da pagare se vogliamo che Ponte di Legno continui ad essere una stazione turistica.
Ed io *voglio* che Ponte di Legno continui ad esserlo, anzi, voglio che diventi (o meglio, che ritorni) ad essere un nome di riferimento per il turismo nelle Alpi.
Lo voglio in parte anche perché mi sento vicino a posizioni ambientaliste: ci sono due alternative al turismo.

Semplificando: la morte del paese o l'arrivo di una grande industria.

Gli uomini vivono dove riescono a sostentarsi, e senza attività economiche la montagna è destinata a spopolarsi: lo vediamo accadere.
Il primo obiettivo delle nostre comunità (e quindi dei politici) è fermare il calo demografico.
L'ho capito proprio in questi anni (ho parlato di questo alla Fiera della sostenibilità di Valsaviore la scorsa estate).
Per mantenere la popolazione gli strumenti sono cultura ed economia:


  1. economia perché senza trovare le risorse materiali per far vivere le persone qui, l'emigrazione continuerà a dissanguare i nostri paesi; attraverso soluzioni sostenibili, che recuperino un equilibrio tra popolazione umana e territorio, e che permettano alle risorse naturali e del paesaggio di conservarsi a disposizione anche per il futuro;
  2. cultura perché senza ragioni spirituali, non ha senso vivere in un luogo piuttosto che in un altro. E la nostra cultura è fatta dall'equilibrio uomo-territorio così come è stato pensato dai nostri antenati e così come lo stiamo pensando e ripensando noi moderni, è fatta della nostra storia, dei nostri modi di vivere e di produrre. La nostra cultura rappresenta in parte anche una risposta a come struttureremo la nostra economia.


E, della nostra cultura, mi interessa riprendere soprattutto:


  • la cura del territorio (basta leggersi lo statuto comunale del 1600 per vederlo!);
  • il rispetto per il lavoro;
  • la capacità di mantenersi aperti alle idee, alle influenze del resto del mondo.


Le piste, le centraline, e tutti gli altri modi di usare le risorse naturali non sono di per sé un male: perché l'uomo è un abitante di questa terra ed ha il diritto di abitarla (il che comporta anche usare l'acqua, tagliare gli alberi, coltivarla...).
Il problema è il come questi utilizzi incidono sul rapporto tra uomo e ambiente e se si conservi o meno l'equilibrio.
Per quanto mi riguarda, proporre soluzioni che favoriscano lo sviluppo nel rispetto del territorio deve essere il tema principale del dibattito politico che sta per accendersi.
(ehi, il 26-27 maggio si vota!)

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